Articolo di Angelo Di Giorgio
Foto di Carlo Arcidiacono

Erano in minoranza numerica e male armati, gli esuli italiani che a Guadalajara affrontarono la prima linea franchista presidiata dal corpo di spedizione dei fascisti di Mussolini, andarono all’assalto frontalmente incuranti delle perdite, precursori di quel coraggio partigiano che più tardi i nazifascisti ebbero modo di assaggiare, travolsero le camicie nere inseguendole per quaranta chilometri e costringendo l’intera armata di Franco ad arretrare per evitare l’accerchiamento.
Le donne che al Vomero sbucarono dai vicoli di tutta Napoli erano madri, mogli, sorelle e figlie di quel pugno di coraggiosi che erano insorti e si erano asserragliati attorno allo stadio, vestite di nero, il furore negli occhi, accerchiarono la colonna di soldataglia nazista che baldanzosamente si dirigeva verso i patrioti resistenti, graffiando quei volti odiosi, lacerando le loro divise, strappando loro le armi di mano, li costrinsero a ritirarsi a calci in culo.
Erano terrorizzati e sgomenti gli ebrei ungheresi, donne, uomini, bambini, che una marmaglia indegna dell’appellativo di popolo aveva trascinato per strada per portarli a morire tra sputi e insulti. Erano poco più che adolescenti i piccoli partigiani catturati durante un rastrellamento delle carogne nazifasciste in Val Susa, li seppellirono in una fossa comune, quando li trovarono avevano tutti dei fazzoletti cacciati in bocca, avevano urlato viva la libertà fino all’ultimo.
Frammenti di un’epopea tragica e gloriosa, esseri umani che frapposero i loro corpi tra la barbarie e il futuro, il nostro presente, ed oggi a settantacinque anni da quel buco nero dal quale l’umanità è sbucata a stento, alcuni individui tentano di guastare la festa di tutti gli italiani liberi, inutilmente, nessuno mai potrà mettere in ombra quel sacrificio così vibrante, donne e uomini con le pezze al culo, le pance vuote, che armati con fucili arrugginiti e un pugno di pallottole lavarono con il loro sangue l’Italia dal lordume fascista che l’aveva insozzata.
A voi, Combattenti della Guerra Partigiana, a voi indomiti baluardi di umanità oggi chiediamo scusa, scusateci se il razzismo (anche contro i meridionali) circola impunemente, se i topi di fogna vomitano il loro livore sui giornali e nelle tv, scusateci se il vostro sogno di libertà e giustizia è ancora così lontano, ma insieme alle scuse vi rivolgiamo una promessa: non accetteremo mai di vivere in ginocchio, sempre, sempre ci alzeremo in piedi e combatteremo, se necessario moriremo, mai più il nemico che sembra rialzare la testa troverà la strada spianata, mai più. A voi, Donne e Uomini della Resistenza diciamo grazie, ancora grazie e ancora, e ancora, e ancora.
Le donne e gli uomini di Gerta
Catania, 25 aprile 2020