Articolo di Elia Zaru
Foto di Nicola Zambelli
La distanza fisica che separa Piazza Vittoria da Piazza Loggia a Brescia si conta in poche decine di passi. Eppure, sul piano simbolico i due luoghi sono piuttosto distanti. Austera e con una propensione allo sviluppo verticale la prima, costruita durante il ventennio ed espressione di quello stile architettonico e organizzativo dello spazio. Rinascimentale e di propensione orizzontale la seconda, che ospita la sede della giunta comunale. Soprattutto, Piazza Loggia è il luogo della strage fascista e di Stato del 28 maggio 1974, quando una bomba esplosa durante una manifestazione antifascista costò la vita a 8 persone e ne ferì altre 102. La strage non ha sottratto alla Piazza la potenza simbolica che essa ha sempre evocato. Ancora oggi, Piazza Loggia è il luogo privilegiato di concentramento per numerose manifestazioni.
Tuttavia, martedì 9 giugno migliaia di persone si sono riversate nella prima, Piazza Vittoria, per un presidio antirazzista. In tremila circa hanno risposto all’appello lanciato dal Kollettivo Studenti in Lotta (espressione studentesca del Magazzino47, centro sociale cittadino) e dall’UDS, con l’adesione di numerose realtà sociali. Dalle 17 sono stati urlati slogan ed esposti cartelli e striscioni contro il razzismo sistemico e strutturale e le violenze della polizia. “Black Lives Matter” e “No justice No peace” le parole d’ordine più diffuse, che inquadrano la mobilitazione nel contesto globale di sollevazioni partito dagli Stati Uniti dopo l’omicidio di George Flyod da parte della polizia di Minneapolis. Anche a Brescia, come in migliaia di città nel mondo, la rabbia per le forme contemporanee di segregazione e le violenze istituzionali ha prevalso sulla paura del contagio, senza tuttavia oscurare la necessità di proteggersi da quest’ultimo. Mascherine (molto diffuse e “personalizzate”) e distanziamento fisico non hanno tuttavia impedito che la piazza si popolasse fin da subito e si inginocchiasse in silenzio, con il pugno alzato, per ricordare George Floyd e tutte le vittime (numerose, purtroppo, anche in Italia) del razzismo più o meno istituzionale e delle violenze poliziesche.
Radio Onda d’Urto, da sempre impegnata su questo fronte, ha raccolto diverse testimonianze dalla piazza. “In Italia sento che il razzismo sta diventando un peso, non solo per me ma anche per tanti altri afroitaliani” racconta una ragazza sedicenne. “Tante persone sono razziste e non sanno nemmeno di esserlo, la gente si comporta in modo diverso con me rispetto che con le mie amiche bianche”, continua. “Sono italiana, originaria della Somalia, vivo a Brescia da tutta la vita e sono in piazza perché è giusto portare avanti anche in Italia l’idea che le vite dei neri contano” racconta un’altra. Dalle decine di voci raccolte in piazza da Radio d’Onda d’Urto emerge la preoccupante “normalità” del razzismo in Italia, ma anche la consapevolezza e la determinazione a non farsi sottomettere da parte di chi quel razzismo lo vive quotidianamente sulla pelle.
A Brescia si è vista una piazza giovane, meticcia e conscia delle sue parole d’ordine. La componente migrante in questa città è elevata e, grazie soprattutto al lavoro dell’Associazione Diritti per Tutti e delle comunità migranti, determinata e politicamente attiva. Da qui partì nel 2000 la lotta contro la sanatoria che, allora come oggi, escludeva migliaia di persone dalla regolarizzazione: 50 giorni di occupazione di Piazza Loggia dietro gli slogan “permesso di soggiorno per tutti”, “sanatoria per tutti” e “diritto di esistere”. Dieci anni dopo, ancora nel contesto di una lunga mobilitazione contro una nuova “sanatoria-truffa”, la città fu teatro della stupefacente occupazione di una gru del cantiere della metropolitana, in pieno centro. Era il 2010, in sei si arrampicarono a venticinque metri di altezza e ci restarono per giorni, esponendo uno striscione con la scritta “Sanatoria”. Sotto la struttura, centinaia di antirazziste, antirazzisti e migranti diedero vita a un presidio permanente. Anche allora, la richiesta era semplice: diritti e dignità per tutte e tutti, “no justice, no peace”. Oggi, in Italia, una nuova, problematica sanatoria è alle porte, e in tutto il mondo il movimento “Black Lives Matter” ha riportato sotto i riflettori la questione razziale nascosta sotto il tappeto dell’Occidente.
A connettere le due cose non è la materia astratta della teoria, ma la realtà di quella che Du Bois ha chiamato “la linea del colore”. La volontà di piegare quella linea sembra essere stata la prima molla che ha spinto, martedì, migliaia di persone in piazza a Brescia. Il conseguimento dello scopo dipenderà certo da molteplici variabili, ma una prima scommessa le persone accorse al presidio sembrano averla vinta. Esse, infatti, in senso metaforico hanno “trasformato” Piazza Vittoria in Piazza Loggia, rovesciando nel suo contrario la gerarchia di cui il razzismo delle nostre società si nutre e costruendo uno spazio orizzontale laddove, normalmente, si trova un eccesso di verticalità. Questo rovesciamento unito alla consapevolezza e alla determinazione delle migliaia di giovani accorse/i al presidio dimostrano che, anche a Brescia come negli U.S., è possibile “tornare a respirare” stando dentro e contro la linea del colore.