PACIFISMO REAZIONARIO: ENTROPIA DELL’EQUILIBRIO GEOPOLITICO.
di Redazione
grafica di Davide Casella

Ecco: ci sono due forze nel mondo – l’entropia e l’energia. Una, porta alla pace beata, all’equilibrio felice; l’altra, alla distruzione dell’equilibrio, al movimento perpetuo e tormentoso.
Evgenij Zamjatin – Noi 1921
L’esordio di questo articolo è estremamente semplice, per nulla complesso: sappiamo da che parte stare e schierarci. I pensieri chiericali della peggior specie, quelli rossobruni da campo antimperialista di paese, ricordano nefandezze ciarlate da personaggi compositi come Aleksandr Dugin.
È sconcertante e delirante, in questi giorni, seguire autorità, accademiche e non, che con le loro mimetiche da modesti commando del sapere e del giusto, mirano al bersaglio della loro, supposta, verità etica.
Leggere dichiarazioni volitive e vedere mimiche facciali ossidate dalle molteplici difficoltà del tempo e del proprio pubblico, che esige sempre posizioni terze ed etiche, ci inabissa in una penosa e lucida delusione. Come se saltassimo su una mina. La perfidia di tale ordigno, ben nascosto, la si conosce molto bene, apparentemente inerme e paziente.
L’orrido che esce fuori da questa posizione distorta del pacifismo complessato imperiale giunge al punto di rottura quando non tiene conto dei dissidenti interni o dei rifugiati russi che hanno deciso di andar via, in Europa. Posizioni orride anche quando, pugnetti ai fianchi e piedini puntati, si rinfacciano fantomatiche informazioni false della propaganda occidentale: il teatro bombardato? Non è vero; il missile al mercato? Dei nazisti ucraini; l’attacco alla centrale nucleare? Un falso storico. Come se non bastassero la distruzione degli edifici, delle magnifiche città o la minaccia di un incidente nucleare. Si arriva anche al paradosso dei morti: non è morto nessuno! I morti sono troppo pochi per condannare Putin! Visioni al limite della crudeltà narcisistica, poco complessa, paragonabili ad inquietanti bamboline dagli occhi bloccati verso l’alto.
Un linguaggio perverso, ombra di quello utilizzato da Putin, uguale a quello di tutti i dittatori: stadi pieni, giovani ragazzi e ragazze dal volto radioso, bandiere, colori, messaggi religiosi, missioni messianiche, dichiarazioni ipertrofiche. Un delirio onnipossente che un apparato criminale di stato trasforma in tragica coercizione.
Luciano Canfora e Franco Cardini non sono altro che le due facce dello stesso Putin. Ordine pedagogico e paternalistico-punitivo. Si slatentizzano, a cascata, altri colleghi e colleghe e rispettivi valletti e vallette che, spesso, con tono spocchioso, sordo e celeste, confezionano perorazioni mondano-pacifistiche.
Posizioni comode, calde, pronte a dissociare ogni “abominevole” paragone ai partigiani italiani, ai resistenti curdi, agli antimperialisti viet cong, ai miliziani palestinesi. Eppure ricorre proprio l’anniversario della morte di Orso, anarchico, ucciso in guerra mentre imbracciava un’arma vera. Forse lui aveva colto la complessità del Medio Oriente, anzi sicuramente. Forse è stato un povero stronzo esaltato. Forse un po’ stronza anche la famiglia, chissà. Ancor più stronzo quel ragazzo ebreo che è ritornato a Kjiv per resistere all’invasione, così come fece il nonno per combattere i nazisti. Forse però quelli erano nazisti veri. Come sono certamente veri i nazisti ucraini, nessun dubbio. Così numerosi, tanti, strabordanti, che hanno deciso di infiltrarsi tra le fila di decine di battaglioni russi ultranazionalisti e xenofobi. Ma in un mondo complesso, si sa, il famigerato battaglione Azov batte tutti. Questi sì, semplicemente, sono stronzi, non c’è dubbio, come tutti i fascisti e i nazisti passati, presenti e futuri. Stronzi, ma soprattutto poveri, anche quei ragazzini soldato appena maggiorenni che le madri, in Russia, reclamano disperate. Ma la libera stampa “antipropaganda” russa sa silenziare tutto questo.
Il mito ben noto del battaglione Azov nasce non solo dai crimini denunciati da Amnesty International prima dell’avvio dell’invasione russa, ma anche dalla famigerata propaganda della verità complessa. Si è data certa la natura neonazista della Rivoluzione ucraina del 2014. Si è data certa la notizia falsa che tutti i combattenti ucraini, l’esercito, i volontari e i partigiani, siano neonazisti. Si è dato certo il genocidio del Donbass per mano dei neonazisti ucraini quando, invece, secondo i dati ufficiali dell’ONU, le stime parlano di circa diecimila vittime, di cui i due terzi sono militari di entrambi gli schieramenti e tra le vittime civili sono comprese le 298 del volo Malaysia Airlines abbattuto da un semplice missile delle forze filorusse.
Ma nel triclinio della complessità della geopolitica da cortile e della filosofia della pacezza vengono consumati i nostri più alti e decantati diritti umani e civili, silurati come un palazzo sventrato da un missile ipersonico. Nella propaganda dell’antipropaganda, non si parla ad esempio dei resistenti ucraini omosessuali che si sono organizzati e armati. Si preferisce magari dialogare sulla statura etica impeccabile di Xi Jinping, noto paladino moderno dei diritti umani. Come il suo omologo russo. Nel nome della geopolitica, di definizioni assurde arcaiche come stato cuscinetto, superpotenze, equilibrio internazionale, si sventola uno straccio come bandiera della pace. O meglio, la caricatura reazionaria della pace, affinché tutto garantisca lo status quo della politica internazionale degli stati, stroncando la volontà di individui che hanno liberamente scelto di far parte di un sistema certamente più democratico, anche se imperfetto, come quello occidentale.
Sta qui la rivoluzione del popolo ucraino. Il sadismo della pace geopolitica ingurgita vite di donne, uomini, bambini in nome di un interesse che vi ostinate a dichiarare vittima della propaganda. A volte persino i liberi pensatori si autoproclamano più vittime delle vittime dell’occupazione. A volte persino l’avvio da parte della Corte internazionale di un’inchiesta sui crimini di guerra di Putin e complici è propaganda. Anche se incontaminata, la tesi secondo cui tutto il problema si riduce agli Stati Uniti e alla NATO, potrebbe sembrare un po’ presuntuosa.
Semplicemente, dite pure che parteggiate. Dite che il vostro è un posizionamento ideologico, smettetela con questa storia della corrente pacifista come fosse neoumanesimo. Non è un’ammissione complessa. Credo sia più dignitosa di un sorriso sardonico, da opaco funzionario incompreso. La pace non può tollerare una simile mattanza. La pace non può essere concessa a chi bombarda indiscriminatamente, violando tutte le Convenzioni di Ginevra e il Diritto Internazionale Umanitario. Non siate più realisti del re o più stalinisti di Stalin, rischiando di essere fagocitati dalla caricatura della vostra intelligenza. Caricatura seguita da antiquati arditi stroncati da falsi incidenti e da giovani antiquati stroncati da falsi arditi.
Dopo la guerra, potremo discutere su come neutralizzare i nazisti armati di tutta Europa o raggiungere Utopia o dirottare i soldi per gli armamenti verso il cosiddetto welfare. Al momento, credo sia importante salvare vite umane da un crimine, evitando di annunciare o scrivere false banalità filosofiche, quali non esiste il bene e il male, storiche, come l’Ucraina è la Russia, o giuridiche, ad esempio hanno cominciato prima gli ucraini. Credo sia più importante, in questo momento, che nelle manifestazioni, accanto alle bandiere della pace e del No Muos vi siano quelle dell’Ucraina e gli ucraini in carne e ossa, che non restino ai margini come fossero la cornice di un quadro orrendo. Anche questo, forse, aiuterebbe a capire la complessità delle cose.
Del resto, cari compagni (o camerati?), morto Putin, se ne fa un altro.
In un vicolo di Pisa sta scritta una dedica in memoria di Orso. La Rivoluzione non muore mai. La Resistenza ucraina è energia rivoluzionaria. È viva.