I FATTI DELLA CASERMA DEI CARABINIERI DI PIACENZA: LO STATO COME SISTEMA CRIMINALE

di Angelo Di Giorgio

Non si tratta di mele marce, non sono pochi elementi guasti in un corpo sostanzialmente sano, questa litania non è più credibile ed ha francamente stancato. 

I terribili fatti di Piacenza sono invece la spia di un sistema profondamente sbagliato, di forze dell’ordine fuori controllo e di una politica collusa con i violenti o pavidamente incapace di affrontare il problema. Dopo il carnaio del G8 di Genova, un buco nero nella storia della Repubblica, di fronte allo tsunami di prove che dimostravano come, non qualche decina di mascalzoni in divisa, ma l’intero apparato di sicurezza messo in campo in quell’occasione, avesse violato in modo sistematico e predeterminato le leggi, la Costituzione e i diritti umani al pari di una feroce dittatura sudamericana. In qualunque paese democratico si sarebbe messo mano ad una profonda revisione dell’intero meccanismo dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Il nostro paese ha il primato in Europa di uccisioni per mano delle forze di polizia durante manifestazioni, cortei o normali fermi; non ci batte nessuno, dal dopoguerra ad oggi è una lista infinita. Siamo i primi anche per fenomeni di corruzione e contiguità con la criminalità organizzata da parte di tutori dell’ordine. Per trovare qualcosa di simile bisogna volgere lo sguardo a Malta. In queste ore colpisce il silenzio assordante delle forze politiche. Che tacciano i nazionalpopulisti è normale, che la “sinistra” di governo non dica nulla invece è la riprova della sua totale inutilità. Ma la falla questa volta è troppo grande, metterci una toppa sarà difficile. In realtà al di là di qualche proclama, peraltro pilatesco e cerchiobottista, non c’è da aspettarsi niente.

Per mettere mano ad una organica riforma delle nostre forze di polizia, occorrerebbero politici con la schiena diritta e senso dello stato capaci di mettere il bene pubblico e il futuro democratico del nostro paese al di sopra di tutto. Ma all’orizzonte si vedono solo squallide comparse. 

Dobbiamo preoccuparci sul serio, forse solo una grande mobilitazione come quella di Black Lives Matter negli USA potrebbe cambiare le cose, ma in assenza di reazioni adeguate la deriva del sistema è destinata a peggiorare. Ci saranno altre morti per mano di coloro che invece dovrebbero servire e proteggere i cittadini: i micidiali tonfa (i manganelli adottati per la prima volta a Genova nel 2001) continueranno a spaccare le ossa dei manifestanti; il CS gas lacrimogeno ad alto potere lesivo, capace di arrecare danni a lungo termine (anche questo un souvenir del G8), soffocherà i polmoni di chi si oppone nelle piazze. Giannizzeri in divisa continueranno a fare il cazzo che vogliono sicuri della loro impunità, non oso pensare cosa potrebbe accadere con un approdo al potere di Salvini, Meloni e fascistaglia varia. 

Eppure io ho conosciuto anche poliziotti onesti, anni fa, mentre aspettavo che Falcone uscisse dal palazzo di Giustizia di Palermo per fare qualche scatto per un giornale tedesco. Ebbi modo di scambiare quattro chiacchere con “Indio”, caposcorta saltato in aria a Capaci, un ragazzo simpatico, uno che credeva veramente in quello che faceva. In questi giorni ho pensato molto a lui e tutti gli altri che si sono immolati in nome di uno stato che ne ha tradito la memoria e vanificato il sacrificio. A che è servita, mi chiedo, la morte orribile di Manuela Loi, sfracellata contro una ringhiera in via D’Amelio, e Boris Giuliano, Ninni Cassarà, l’agente D’Agostino? Loro e gli altri sono stati usati come foglia di fico per coprire le pudenda di un potere irredimibile. Il pesce puzza sempre dalla testa, cosa aspettarsi da uno stato che ha co-organizzato le stragi? Che ha depistato, fatto sparire prove, incarcerato innocenti? Nulla, non possiamo aspettarci assolutamente nulla di buono, teniamoci per mano e resistiamo, come sempre. 

Addapassà a nuttata

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