GIOVEDÌ 6 AGOSTO 2020
di Carlo Arcidiacono
Sofia, Stefania e Fernando
Sono tre volontari del “Comitato Tre Ottobre”. Provenienti da percorsi formativi diversi, hanno risposto tutti e tre alla call riguardante la ricerca di volontari per l’accoglienza dei fruitori del Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo di Lampedusa. Museo che ospita al suo interno la narrazione del dramma dei migranti attraverso oggetti, opere, foto e video raccolti negli anni in cui quest’isola è diventata “porta d’Europa”.
Ed è una porta lungo via Roma che separa la vita spensierata di una sera d’estate con la storia di donne e uomini, giovani e anziani, musulmani, cristiani e di altre confessioni religiose. Persone che partono verso una terra promessa senza profeti, l’Europa.
Ho incontrato Sofia il primo giorno, quando la nave quarantena GNV Azzurra ha atraccato per la prima volta sull’isola. Casualmente, entrambi eravamo fermi a parlare con dei colleghi di Sky per confrontarci sulla reale situazione che stesse vivendo l’isola.
Sofia scrive per Pressenza Italia e la sua formazione universitaria ed umana l’ha portata, dopo la laurea, da Milano al punto più a sud d’Europa come volontaria. Incrociare mondi diversi su quest’isola è facile e forse anche essenziale per capirne il valore umano e globale che ha assunto negli anni Lampedusa.
Ci sono generazioni, da Nord a Sud d’Italia, che non si sono lasciate contagiare dal nazionalismo e dal razzismo degli anni venti del 2000. Dedicare un momento al silenzio e alla riflessione sulla questione migranti è d’obbligo per chiunque arrivi a Lampedusa. Il museo del Comitato Tre Ottobre è aperto ogni sera e ti mette a nudo una verità che troppo spesso viene cancellata a mezzo stampa e a forza di social.